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Agosto 31, 2018

Videosorveglianza e controllo dei lavoratori

Videosorveglianza

La Corte di Cassazione ha di recente affrontato importanti questioni in tema di videosorveglianza e potenziale controllo a distanza, esaminando la procedura dettata a tutela dei lavoratori e le sanzioni applicabili in caso di violazione della stessa.

Videosorveglianza e consenso

L’accordo sindacale o il provvedimento autorizzativo dell’autorità amministrativa non possono essere sostituiti dal consenso, anche scritto, dei lavoratori. È questo il principio espresso dalla sentenza della Corte di Cassazione, sez. III Penale, n. 38882/2018.

La pronuncia è di particolare rilevanza perché si pone in aperto contrasto con Cass. Pen., sentenza n. 22611/2012, la quale, invece, pur muovendo dal medesimo dettato normativo, giungeva a conclusione opposta: se la tutela contro subdole forme di controllo da parte del datore di lavoro è garantita, ex art. 4 della Legge 300/1970, da un consenso che promani dalla rappresentanza sindacale, a fortiori deve essere ritenuto valido il consenso prestato direttamente dalla totalità dei lavoratori.

Ai sensi del detto art. 4, invece, secondo la sentenza n. 38882/2018, l’installazione di apparecchiature dalle quali derivi la possibilità di un controllo a distanza dei lavoratori deve essere sempre preceduta da una forma di codeterminazione e cioè di accordo collettivo tra il datore di lavoro e le rappresentanze sindacali dei lavoratori o, in mancanza, da un provvedimento autorizzativo dell’autorità amministrativa. 

L’installazione dell’apparecchiatura, chiarisce la Corte, al di fuori delle dette due ipotesi è illegittima e penalmente sanzionata.

La ratio della procedura prevista dalla normativa è evidentemente da rinvenirsi nella «considerazione dei lavoratori come soggetti deboli del rapporto di lavoro subordinato» e tale disuguaglianza a favore del datore di lavoro costituisce la ragione per la quale «la procedura codeterminativa sia da ritenersi inderogabile».

Ispezioni e sanzioni

Ancora in materia di videosorveglianza e controllo del lavoratore si è pronunciata sempre la terza sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 38884/2018, affrontando, in particolare, la questione delle sanzioni.

Nel ricostruire l’impianto normativo di riferimento, il Collegio ha, innanzitutto, sottolineato come anche in caso controllo a distanza del lavoratore per mezzo di sistemi di videosorveglianza sia prevista la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda, da applicarsi congiuntamente nei casi più gravi, ex art. 38 Legge 300/1970 richiamato dall’art. 171 del D.Lgs. 196/2003.

Per completare il quadro, tuttavia, è necessario tenere presente anche che, qualora il personale ispettivo rilevi violazioni di carattere penale, punite con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda ovvero con la sola ammenda, impartisce al contravventore una apposita prescrizione obbligatoria, fissando un termine per la regolarizzazione «allo scopo di eliminare la sanzione accertata» (ai sensi dell’art. 15 del D.Lgs. 124/2004, nonché del D.Lgs. 758/1994, Capo II, che costituiscono l’impianto fondamentale della disciplina in materia di ispezioni e sanzioni nei settori del lavoro e della previdenza).

La disciplina dell’estinzione in via amministrativa trova, dunque, applicazione, secondo la Corte, anche nel vigente assetto normativo e anche nei casi di già avvenuta, spontanea regolarizzazione delle pregresse violazioni (conformemente, tra l’altro, a Cass. Pen., n. 34900/2007).

Il Collegio rigetta, così, il ricorso del Pubblico Ministero, secondo il quale, invece, il reato contestato riguardava non l’aspetto antinfortunistico e produttivo, ma la tutela della libertà e della dignità dei lavoratori, dovendo perciò rimanere sottratto alla procedura di estinzione del reato ex artt. 19 e 24 del D.Lgs. 758/1994.

Dalle pronunce in esame pare emergere, in conclusione, una ricerca di equilibrio tra la necessaria ed inderogabile tutela del lavoratore ed il favore, chiaramente espresso, per l’estinzione dell’illecito in via amministrativa.