Lo smart working è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, caratterizzata dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi. Lo smart working aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, ne favorisce la produttività.
Slegando la prestazione lavorativa dal luogo di lavoro e basandosi invece su flessibilità e obiettivi, lo smart working si pone come una vera e propria rivoluzione, guidata da quattro principi cardine: tecnologie, competenze, spazi, cultura.
I pilastri dello smart working / 4: la cultura
Se tecnologie, competenze e spazi sono aspetti organizzativi e pratici imprescindibili, la vera rivoluzione non può che essere culturale.
L’esperienza delle aziende più mature dal punto di vista del lavoro agile mostra come la chiave sia l’attuazione di una Result Based Organization, dunque un’impostazione orientata ai risultati, capace di generare autonomia e responsabilità nelle persone.
Permane, purtroppo, in molte realtà una difficoltà nell’attuare questo cambio di passo, con la conseguenza che lo smart working si tramuta spesso in “lavoro da casa”, dove postazione e orari vengono semplicemente trasferiti.
Come preparare l’azienda allo smart working
Il punto di partenza deve essere quello di risalire ai principi fondanti dello smart working, ai pilastri che lo animano, e immaginare nuove modalità di lavoro che convertano i parametri, sostituendo orario e luogo con obiettivi e flessibilità.
Non è di certo una sfida facile, poiché richiede sperimentazione e fiducia, ma è imprescindibile per sopravvivere nel new normal, la nuova normalità in cui siamo di fatto entrati sulla spinta della digitalizzazione e dell’emergenza sanitaria da covid-19. La crisi ha, infatti, accelerato la svolta senza precedenti verso un lavoro più flessibile e la possibilità di bilanciare meglio vita lavorativa e personale: uno stile a cui i talenti non sono disposti a rinunciare.
Elemento fondamentale è dunque, anche in questo caso, una adeguata formazione: dei dipendenti, ovviamente, perché imparino ad orientarsi ai risultati e non al tempo trascorso lavorando, ma soprattutto del management. È soprattutto dai manager che deve, infatti, arrivare la rivoluzione culturale: perché imparino a guidare non con il controllo costante, ma con l’attribuzione di obiettivi chiari e raggiungibili, trovino nuovi modi di costruire un team e stimolare il senso di appartenenza e il gioco di squadra, sappiano cogliere anche a distanza i campanelli di allarme.