La Social Media Policy aziendale: cos’è e perché è importante

social network sono diventati uno dei principali luoghi in cui le aziende incontrano i propri clienti e partner commerciali, una piazza nella quale è importante rendere un’immagine corretta, coerente, vera per farsi conoscere e riconoscere.

Sempre di più, anzi, si sta sviluppando l’idea che l’azienda stia sui social non solo attraverso se stessa, ma anche e soprattutto attraverso i propri dipendenti e collaboratori, divenuti ormai veri e propri brand ambassador. È evidente, infatti, che nessuno possa riuscire a comunicare i valori, l’etica, la missione di un’azienda meglio di chi la vive e la fa vivere e la miglior pubblicità è spesso la soddisfazione di chi ci lavora.

Il rischio è, tuttavia, che l’uso dei social network da parte di soggetti disinformati o inconsapevoli possa diventare un vero e proprio boomerang per l’azienda, per questo è essenziale che siano predisposti dei progetti di formazione e delle social media policy, attraverso cui rendere chiaro ai dipendenti quali possono essere le conseguenze di un uso scorretto di internet, anche sul piano disciplinare.

La Social Media Policy

La Social Media Policy è un codice di condotta, un regolamento che disciplina la presenza dei dipendenti sui social network nel particolare rapporto con l’azienda datrice di lavoro e che, dunque, può avere due diverse funzioni:

  • Social Media Policy diretta ai dipendenti che amministrano o usano gli account aziendali per lo svolgimento delle mansioni loro affidate, 
  • Social Media Policy diretta ai dipendenti per il corretto utilizzo dei profili personali.

Nel primo caso, ovviamente, la necessità di un regolamento è di tutta evidenza: il dipendente che usa la pagina aziendale “parla” a nome dell’azienda e deve, perciò, fare in modo che i contenuti pubblicati siano coerenti con i valori, l’immagine, le esigenze di questa.

Non meno importante, tuttavia, anche se meno frequente, è il regolamento che disciplina l’uso cosiddetto “privato”, per i casi in cui attraverso l’account personale si parli direttamente o indirettamente dell’azienda o del lavoro ivi svolto. Più delicato ancora, è il caso in cui attraverso il proprio profilo privato il dipendente esprima pareri, commenti, posizioni che si rivelino in contrasto con i valori e la missione aziendale e, dunque, con un eventuale codice etico adottato.

La Social Media Policy è, perciò, uno degli strumenti con cui l’azienda fa sì che i propri dipendenti usino i social network in modo attento e, soprattutto, consapevole, informandoli, parallelamente, anche delle conseguenze disciplinari di comportamenti che ledano l’interesse datoriale o la sua immagine.

Casi pratici

Ferma restando, ovviamente, la libertà di manifestazione del pensiero anche quando sfoci nella critica, anche quando “parli” dai propri account privati il dipendente è tenuto a rispettare il limite essenziale dell’onore e della reputazione altrui (e dunque anche dell’azienda datrice di lavoro, dei propri colleghi e superiori).

Oltre alle eventuali conseguenze penali (nel caso, ad esempio, in cui un contenuto integri gli estremi della diffamazione), un uso improprio dei social può costituire causa di licenziamento disciplinare, in quanto idoneo a recidere il necessario rapporto di fiducia.

Si pensi, ad esempio, ad un dipendente che, sul proprio profilo privato, critichi il proprio superiore con espressioni ingiuriose o volgari oppure esprima disprezzo per l’azienda (la Corte di Cassazione, con sentenza 10280/2018, ha ritenuto legittimo il licenziamento di una dipendente che si era sfogata su Facebook, scrivendo «mi sono rotta i co****** di questo posto di me***»). Si pensi, ancora, ad un dipendente che pubblichi un selfie scattato nei locali aziendali, inquadrando e così diffondendo informazioni riservate come password, dati di clienti o fascicoli. Si pensi, infine, ad un dipendente che pubblichi foto e contenuti inappropriati durante una trasferta di lavoro, mostrando di non aver lavorato o di aver utilizzato il budget aziendale per finalità diverse da quelle stabilite.

Social Media Policy e libertà di espressione

L’adozione di un regolamento per l’uso dei social media, ovviamente, non può e non deve trasformarsi in un bavaglio o in un controllo sul dipendente: gli aspetti disciplinati possono essere soltanto quelli che riguardino direttamente il rapporto con l’azienda e le attività ad esso riconducibili e non anche l’uso di internet in generale.

Parallelamente, è fondamentale che la policy sia accompagnata da un’adeguata formazione, che alzi il livello di attenzione sui rischi di contenuti condivisi in modo inconsapevole o superficiale.